mercoledì 27 luglio 2016

Il trionfo della razionalità - Moto Guzzi 850 Le Mans


Probabilmente, nessun progettista avrebbe mai concepito una meccanica del genere sapendo di doverla destinare ad una moto. Infatti il motore che andò ad equipaggiare la V7, capostipite di tutte le Guzzi a V trasversale, era stato progettato per una vetturetta mai entrata in produzione.
Per adattarlo ad un uso motociclistico risultò conveniente utilizzare un telaio scomponibile in quanto il gruppo motore risultava flangiato al cambio separato con albero di trasmissione, secondo uno schema tipicamente automobilistico tuttavia già utilizzato con successo dalle tedesche BMW e Zundapp.
Moto Guzzi V7 - 1965
Il risultato fu una moto - parliamo sempre della V7 - di 700cc e dotata di cambio a 4 marce tutto sommato molto valida per la sua epoca (1965-1969), semplice, robusta, affidabile e caratterizzata da un'eccezionale accessibilità meccanica.

Le successive evoluzioni da 750 e 850cc beneficiarono del cambio a 5 marce e la Guzzi, Casa dagli ineguagliati trascorsi sportivi, già nel 1971 se ne era uscita con un'inattesa V7 Sport da 750cc che nonostante la trasmissione a cardano, cominciò a raccogliere discreti risultati sportivi e si guadagnò una piccola schiera di estimatori che la preferivano a moto più performanti, almeno sulla carta, per la sua guidabilità ed i pregi già citati che l'accomunavano alle altre Guzzi a V.
Moto Guzzi V7 Sport - 1971
La Sport montava un particolare manubrio a 2 pezzi vincolato alle canne della forcella, cosa che permetteva di orientarlo e regolarlo in altezza, nel caso l'impostazione "bassa" fosse risultata troppo sportiva per qualche vecchio guzzista... .
Con l'occasione, i comandi a pedale freno e cambio furono invertiti di posizione secondo l'ormai imperante scuola giapponese.

Senza troppa fretta, nonostante l'evoluzione in corso da parte della concorrenza non solo giapponese, nel 1976 la Casa di Mandello si decise a proporre una nuova sportiva che adottava il motore già prodotto nella cilindrata di 850cc per altri modelli, con alcune modifiche che ne elevarono la potenza a 71cv.
La Le Mans prima serie [foto in alto], pur "abbastanza" potente, non si distingueva più di tanto quanto ad accelerazione da fermo a causa del suo peso ma soprattutto per la ruvidezza del suo cambio. Però una volta lanciata, era capace di prendersi la rivincita grazie alla sua eccellente guidabilità e la compattezza generale della moto che, protetta da uno pur striminzito cupolino girevole (cioè fissato alla forcella e non al telaio), garantiva una tale penetrazione aerodinamica da poter tenere i consumi molto bassi e raggiungere ben 210Km/h di velocità massima.
Ma non è tutto: la stessa Casa prevedeva per le corse un kit di potenziamento a 82cv che, anche grazie ad un allungamento del rapporto finale, ne aumentava la velocità finale a 240Km/h.
Queste moto furono dotate dell'innovativo comando di frenatura "integrale" adottato per gli altri modelli della Casa ma che gli utenti più sportivi provvedevano ad eliminare ripristinando un comando "normale" dei freni, più adatto all'utilizzo sportivo.

Le Mans 850 III - 1981
Seguirono altre due versioni da 850cc, uscite rispettivamente nel '78 e nell'81, rimaneggiate praticamente solo nell'estetica e dotate di un forcellone più lungo per migliorare la stabilità, sacrificando un po' di maneggevolezza.
Dal 1984 la cilindrata crebbe nominalmente a 1000 (per la precisione a 949cc) e la denominazione Le Mans fu utilizzata per caratterizzare i modelli sportivi prodotti fino al 1993.

Base ideale per qualsiasi tipo di modifica e preparazione, le serie Le Mans si possono ricordare meccanicamente quali veri capolavori di razionalità costruttiva e dotate di una guidabilità impareggiabile.