martedì 20 gennaio 2015

Tutti a Roma, adesso o mai più!


Riceviamo e pubblichiamo:

"COMUNICATO STAMPA"
 
La Rivoluzione Bianca arriva a Roma contro l’illegittimità delle elezioni del Presidente della Repubblica. Pullman da tutt’Italia arriveranno a Roma il 30 gennaio per dire “no all’elezione di un presidente illegittimo”.

ROMA 19 GENNAIO - Dopo il primo giorno di inizio delle manifestazioni a oltranza di sabato 24 gennaio, il 30 gennaio 2015 il Coordinamento 9 Dicembre sarà nuovamente in piazza organizzando pullman da tutte le regioni italiane per lasciare un messaggio chiaro e diretto al Parlamento che sarà riunito per eleggere l’ennesimo Presidente non rappresentativo degli italiani. Ciascun manifestante indosserà una fascia bianca al braccio in segno di pace e di una coscienza civile ormai sveglia e stanca di tutti questi giochini politici, al servizio degli oligarchi, delle banche e delle multinazionali.

L’Italia è un paese fatto da milioni di cittadini onesti che hanno tutto il diritto non solo di votare, ma anche di esprimersi sulle scelte del governo. E se il Governo, come in questo caso, è illegittimo perché formatosi sulla base di una legge elettorale incostituzionale e che, costretto a cambiarla, sta per votare un’altra legge elettorale che presenta le stesse caratteristiche di incostituzionalità della precedente, allora noi disconosceremo anche le elezioni del Presidente della Repubblica che reputiamo a tutti gli effetti illegittime. la “Rivoluzione Bianca” servirà a questo, a riportare un popolo intero alla coscienza che è giusto, costituzionale, doveroso, lecito protestare contro chi non ha a cuore il benessere del popolo, anche se si tratta di un Presidente della Repubblica che deve ancora essere eletto. Un Presidente partorito da un Parlamento illegittimo è a tutti gli effetti un Presidente illegittimo. Questo è un paese antidemocratico e violento perché la violenza coincide sempre con la disonestà intellettuale che è alla base delle subdole modifiche di legge o manovre finanziarie che costringono il popolo alla fame, gli si toglie il lavoro, la forza di vivere, di amare, di avere fiducia nel futuro. Il Popolo, più di ogni altro dovrebbe esprimersi sull’elezione di chi lo rappresenta. Pullman da tutt’Italia sono stati organizzati dagli attivisti del 9 dicembre.
Chiunque può prenotare il biglietto o richiedere informazioni alla mail      ufficiostampa9dicembre@gmail.com
Il 30 gennaio tutti in piazza per protestare contro l’elezione di un presidente illegittimo.

Ufficio stampa Coordinamento 9 dicembre
Maria Melania Barone
3935715696

ufficiostampa9dicembre@gmail.com
www.coordinamento9dicembre.it

Approfondimenti:

mercoledì 7 gennaio 2015

Belle arti o nuove arti?

 
Nel precedente articolo dedicato ad alcune puntualizzazioni sulla musica prodotta da Pino Daniele, in occasione della sua scomparsa, ho accennato al fatto che moltissimi (la quasi totalità di quelli più noti) artisti italiani impegnati nel campo della musica rock o cosidddetta "leggera", quasi per tradizione acquisita, hanno sempre attinto a piene mani da repertorio di origine anglofona, ed anche francese per quanto riguarda i cantautori.
In questo, il merito di Pino Daniele è stato quello di copiare le sonorità fusion (per niente blues, come sottolineato) di Gino Vannelli e poi di Santana (e chissà di quanti altri) ma evitando di eseguire delle semplici cover, essendo stato uno dei pochi "cantautori" italiani che hanno realmente avuto qualcosa di personale ed originale da dire, almeno con i testi. Forse il più grande artista italiano di musica fusion (se ne cercate uno che ha fatto del blues la propria carriera credo che l'unico che abbia raggiunto una certa notorietà nel genere, peraltro da sempre poco seguito in Italia, sia stato Roberto Ciotti).
Così non è stato per tantissimi prima di lui - ed anche contemporaneamente - che hanno raggiunto notorietà e successo con delle semplici cover (riarrangiamenti ed adattamenti in lingua italiana di pezzi preesistenti, per lo più di origine inglese o statunitense) per poi proporre, una volta ottenuta l'audience, brani originali ma certamente di minor successo.
Artisti riconosciuti, da  Fabrizio De Andrè allo stesso Vasco Rossi, dai più famosi complessi italiani degli anni '70 come i Giganti o l'Equipe 84, per quanto bravi ed originali (gli Equipe in qualche occasione perfino più bravi degli autori originali!) a tanti altri singoli e gruppi, hanno conseguito una consistente fetta del loro successo eseguendo delle cover di brani angloamericani di successo. Merito anche della scarsa diffusione degli originali in Italia che ha impedito a molti fans, per decenni, di accorgersi che i più grandi successi dei loro beniamini non erano farina del loro sacco. Ciò, ripeto, senza nulla togliere al valore artistico degli esecutori, anzi, sottolineo il caso dell'Equipe che sono riusciti secondo me addirittura a migliorare musicalmente alcuni originali.
E ciò non è da ritenere strano: non sempre la migliore interpretazione di un brano è quella fornita dall'autore: una per tutti, basti pensare alla celebre "Gloria" di Van Morrison (che in Italia magari ricorderanno in pochi) resa ancor più famosa dopo essere stata interpretata dai Doors (da Van Morrison a Jim Morrison...) ma elevata ai massimi livelli musicali solo dopo anni da Patty Smith!
Un'altra che mi viene in mente è American Woman dei The Guess Who subito reintepretata dai Led Zeppelin in maniera - inutile dirlo - superiore all'originale. Per chi non se la ricorda, più recentemente è stata riproposta (quasi) tale e quale dal camaleonte musicale Lenny Kravitz.
 
Ma siccome questa è la normalità nella musica, va ricordato anche che molti successi 100% italiani non sono stati portati al successo dal loro autore ma da dei semplici (e magari più bravi!) interpreti e arrangiatori. Quanti sono coscienti del fatto che la celeberrima Azzurro non è di Celentano ma di Paolo Conte? E quanti sanno che molte delle più belle, delicate e sensibili canzoni italiane sono state scritte da un personaggio apparentemente border line come Franco Califano?
 
Questo per esternare due concetti:
uno è che, come similmente accade nel  motorismo sportivo, è più facile che un grande interprete (pilota) riesca a condurre al successo una canzone (veicolo) progettato da altri;
Per fare un esempio nel mondo della musica, oltre al citato esempio riferito agli impareggiabili Led Zeppelin, il pur grande Bob Dylan non avrebbe mai potuto sperare di eguagliare Jimi Hendrix nell'interpretazione della sua All Along The Watchtover.
L'altro è che secondo me, in prossimità della fine di questo Yuga, le forme dell'arte si stanno avviando rapidamente ed inevitabilmente all'esaurimento delle varianti possibili per cui qualsiasi nuova realizzazione, sempre più probabilmente, rischia di essere brutta oppure sfacciatamente copiata da un'opera preesistente. Ciò lo ritengo valido in tutti i campi, dalla musica alle arti figurative, dall'architettura al campo elettivo del presente blog, che è quello motoristico, in cui se viene proposto qualcosa di nuovo, o è manifestamente brutto oppure assomiglia a qualcosa di già visto. C'è poco da fare e l'unica soluzione per rivivere come nuove ed esaltanti tutte le nuove invenzioni artistiche sarebbe dimenticarsi di quanto realizzato in precedenza. Forse per questo sono inevitabili i ricorsi storici ed un periodico annichilimento della specie umana.
Se non ci credete, provate a mettere insieme su di un pentagramma una decina di note che risultino armoniche tra di loro e che non siano già state proposte identiche da qualcun'altro.
 
Articolo di riferimento:

martedì 6 gennaio 2015

L'ultimo inganno di Pino Daniele


Arrangiatore, cantante e chitarrista di indubbio talento, Pino Daniele col suo blues metropol-napoletano-italo-americano (in pratica la fusione fredda di 4 elementi...) ha cantato una Napoli moderna e multiculturale (nonché evidente zerbino e discarica statunitense) nella maniera più emblematica.

Dov'è l'inganno? Per un appassionato di musica è evidente: Pino Daniele col blues ha avuto a che fare poco più di quanto non abbia avuto a che fare Elvis Presley con la canzone napoletana.
Non posso quindi affermare che il pur grande Pino non abbia avuto assolutamente nulla a che fare col blues, perché alla fine almeno un paio delle sue piacevolissime canzoncelle della prima ora seguono i  canoni del blues ma quello che continuo a non accettare è che egli stesso ed i media che l'hanno supportato hanno continuato ad ingannare il suo pubblico musicalmente meno acculturato spacciando per blues (per quanto rivisto alla napoletana) musica già più che codificata come fusion, appunto, un genere d'autore, per quanto di facile ascolto, che negli States riuscì a mettere d'accordo sia estimatori del melodico che del jazz-rock.
Molti sono stati gli artisti che prima di lui si sono espressi secondo i canoni (abbastanza liberali) della musica fusion ma nessuno aveva mai avuto il coraggio nonché la faccia tosta di spacciarla per blues!

Oops! Mi accorgo in questo momento che al posto di una sua foto ne ho inserito una dell'artista americano Gino Vannelli punto di riferimento della musica fusion degli anni '80: si tratta sicuramente di un mio errore freudiano, in quanto soprattutto nel suo primo periodo di attività ho ritenuto l'artista napoletano nient'altro che un bravissimo clone (anche più bravo dell'originale, perché no?) del suo omologo americano, assolutamente identico nelle sonorità più o meno come Nec lo è rispetto a Sting e Zucchero lo è stato rispetto a Joe Cocker del quale ha imitato perfino le movenze spastiche... ma si sa: è difficile che un artista italiano, per quanto bravo, esprima qualcosa di assolutamente originale.
Pochissimi sono stati coloro che ci sono riusciti.

Ecco, rimedio subito inserendo una foto del vero Pino: come è possibile apprezzare, anche la somiglianza fisica tra i due artisti è impressionante.
Non ci posso fare niente col fatto che il buon Pino abbia attinto a piene mani dal repertorio di Gino  (Gino & Pino: anche nel nome un'assonanza): l'importante è che i posteri se lo ricordino ed i suoi estimatori lo tengano presente.


Sottolineo il fatto che per me ha poca importanza constatare che per arrivare al successo Pino Daniele abbia adattato la musica di Gino Vannelli alla sua visione anglonapoletana, anzi glie lo ascrivo come merito perché continuo a sostenere che è stato molto bravo ed ha prodotto alla fine cose molto piacevoli da ascoltare. 
Da ragazzo sono anche stato ad un suo concerto e ne conservo un buon ricordo, anche se conoscevo bene le opere di Gino Vannelli e quindi non potevo subire l'inganno. 

Ad ulteriore discarico della colpa che ho ascritto a Pino (l'inganno del blues) devo anche sottolineare che ad un certo punto della sua carriera, esaurito il filone Vannelli, Pino ha smesso di ispirarsi a lui.
Infatti ha continuato la sua carriera copiando Santana.