giovedì 12 novembre 2009

Apologia del SUV: un'opinione controcorrente

...ovvero: Elogio del Fuoristrada!

Può capitare che, travolti come siamo da un continuo ed incontrollato mare di parole proveniente dai media, ci dimentichiamo o travisiamo il reale significato di una definizione. Tra tante delle figure retoriche diventate d'uso e d'abuso comune c'è quella, fatidica, dell'Impatto Ambientale. Usata spesso a sproposito e solo nella sua accezione negativa, questa definizione è in realtà priva di una valenza qualitativa e vuol dare solo una misura della portata di una modifica operata dall'Uomo o, perché no, naturale sull'ambiente che si prende in oggetto.
Bene, qualcuno ha idea di quale sia l'attività che fin dalla comparsa dell'Uomo sulla Terra ha provocato realmente il maggior Impatto Ambientale, inteso proprio come colossale modifica del territorio con effetto (per lo più negativo) su flora e fauna locale?
Tra tutte le catastrofi ecologiche che continuamente si verificano, che si possono immaginare ed alle quali siamo avvezzi, l'urbanizzazione e le Opere Pubbliche colossali svetta invece - e di gran lunga su tutte le altre - l'Agricoltura.E' l'agricoltura infatti, seguita da presso dalla pastorizia, che nella storia dell'Uomo è stata la maggior causa di modifica sostanziale degli ecosistemi preesistenti. Le deforestazioni a scopo agricolo o a causa della pastorizia e l'irregimentazione delle acque necessarie agli scopi umani hanno provocato nei millenni la desertificazione - anche per gli effetti sul microclima - di intere aree geografiche e la perdita definitiva di una parte importante del patrimonio originario di biodiversità animale e vegetale.Coscientemente, si è anche proceduto all'eliminazione capo per capo fino all'estinzione in qualche caso di quegli animali e quei vegetali "dannosi" (per la nostra specie?) o che non ci tornavano utili o che non fornivano lo stesso "rendimento" di altri. In questo modo, anche quindi per una pura causa di "mercato", abbiamo ridotto la nostra dieta una volta variata attraverso le centinaia di specie vegetali tra le quali potevamo scegliere a sole 4 colture fondamentali ed al consumo di carne derivante da poche e redditizie razze animali a tale scopo allevate in condizioni innaturali.

Tuttavia, allo scopo di rimediare almeno in parte ai danni colossali che abbiamo inferto all'ambiente, non è più possibile fare marcia indietro per il semplice motivo che tutte le foreste della Terra non basterebbero ormai più per sfamare gli oltre 7miliardi di persone che siamo diventati e quindi dell'agricoltura non potremmo più farne a meno, però in questo ambito qualcosa si può fare sul serio (qualcuno si è dato la briga di calcolare che tutta la Terra basterebbe a sfamare al massimo una trentina di milioni di umani che seguono una dieta di tipo paleolitico ovvero composta da alimenti derivanti esclusivamente dalla caccia e dalla raccolta....) ad esempio riducendo drasticamente il nostro consumo di carne:
a parte il fatto che questo non potrebbe che far bene alla nostra salute ed alle nostre tasche, pare che il 70% delle risorse idriche venga impiegato per gli allevamenti e per l'agricoltura e se è vero com'è vero che per far crescere un vitello di un chilo siano necessari 13kg di foraggio, che senso ha mangia
rsi il vitello, poveretto, invece di mangiare direttamente - come fa lui - un frutto della terra? Anche immaginando (a torto) che un chilo di carne possa fornirci tanto più cibo di "qualità" rispetto ad un chilo di vegetali, lo stesso a conti fatti non risulta conveniente né per noi né per l'ambiente.

Un'altra cosa che potremmo fare, senza soffrirne più di tanto anzi aiutando come per la carne la nostra salute sarebbe ridurre gradualmente anche il consumo di caffè:
di questa droga infatti se ne consuma una grossa parte solo a scopo rituale o abitudinario.
Nel senso che se proprio non vogliamo rinunciare alla scarica d'adrenalina (ed al successivo "down" che ne consegue...) che ci fornisce la caffeina quando non abbiamo il tempo di svegliarci con naturalezza o quando per esigenze contestuali siamo costretti controvoglia a stere ben svegli quando invece vorremmo dormire, potremmo evitare di assumere caffè solo per abitudine sociale o sociativa: così facendo potremmo ridimensionare le (purtroppo altamente redditizie) colture di caffè smettendo di deforestare a tale scopo giungla equatoriale e magari riconvertendo le piantagioni a cereali, un po' meno redditizi del caffè ma sicuramente più utili all'umanità. Ma c'è da dire che contro un'idea del genere ci sarebbe (in effetti c'è) l'opposizione delle potenti Compagnie del caffè e anche dello stesso mais: è noto infatti come molti grossi produttori sudamericani di cereali siano stati pagati dalle majors per NON produrre mais allo scopo di tenere alti i prezzi sul mercato. Vendere a caro prezzo poco prodotto rende molto più che venderne tanto ad un prezzo adeguato: col primo metodo si riducono di molto le spese di coltivazione, raccolta, stivaggio, trasporto e distribuzione.

Ma perché parlare di questo se l'oggetto dell'articolo verte su tutt'altro? Ci arrivo adesso, la premessa era importante.

Quali sono le tracce della presenza umana che possiamo osservare per prime avvicinandoci alla Terra dallo spazio? Come possiamo ormai facilmente rilevare anche utilizzando uno strumento come Google Earth, secondaria causa d'impatto ambientale dopo l'agricoltura e conseguente irregimentazione delle acque è l'urbanizzazione: anche se è vero che con l'abitudine che ormai ci sembra normale (ma invece non lo è!) di costruire sovrapposte l'una all'altra le nostre abitazioni si risparmia territorio prezioso, c'è da considerare che abitare zone densamente popolate non comporta un reale vantaggio in termini d'impatto ambientale, anzi...
Supponiamo di concentrare - come succede comunemente nelle nostre periferie - un migliaio di persone... anzi no, di famiglie in un "normale" quartiere-dormitorio privo di servizi sociali. Queste tre o quattromila persone avranno innanzitutto bisogno di un'adeguata rete idraulica, fognaria ed elettrica, avranno bisogno si STRADE sufficienti a drenare il regime torrentizio dei loro spostamenti quotidiani verso i servizi sociali e verso il lavoro, avranno anche bisogno di parcheggi per le loro auto in quanto i garages della maggior parte di loro saranno ingombri di mobili ed inutili suppellettili derivanti dall'ultimo trasloco o dall'eredità di un congiunto, oppure da qualche veicolo a due ruote o semplicemente hanno attrezzato il locale a tavernetta per gli amici che quando verranno avranno anche loro bisogno di parcheggi per le loro auto... Ecco che sotto questa luce si ridimensiona il presunto minor impatto che può fornire un'urbanizzazione spinta.

E le strade? Quando una realizzazione umana è capace di provocare una mutazione negativa di rilievo nell'economia di un ecosistema, si parla (anche) di "Dissesto Idrogeologico" e ad esso sono spesso attribuite la maggior parte delle conseguenze dovute a frane o ad inondazioni, dimenticandosi magari che esse sono in parte naturali e che se l'Uomo non avesse l'insana abitudine di realizzare le proprie abitazioni o le strade sotto a dei costoni instabili o nell'invaso di un potenzialmente impetuoso torrente, di tanti di questi eventi non sentiremmo neanche parlare perché non avrebbero alcuna conseguenza sulla salute pubblica.
Gli Enti preposti, uno per tutti il Genio Civile, sono chiamati per legge a valutare il potenziale dissesto causato da un'opera sul regime delle acque e sulla stabilità di costoni potenzialmente franosi e spesso le conclusioni a cui giungono gli esperti appartenenti a tali Enti sono a dir poco contraddittorie: sulla base di questi presupposti infatti, si sono ritenute e dichiarate pericolose per il territorio ed irrealizzabili delle innocue piste da cross che tutto sommato lasciano così com'è il contesto sul quale insistono limitandosi ad una delimitazione dell'impianto ottenuta con pali di castagno, un po' di rete zincata e qualche fettuccia colorata. Spesso i servizi sono realizzati con strutture amovibili a impatto pressoché nullo sul territorio, visto che possono anche essere erte su palificazioni o disponibili su ruote.
Addirittura in alcune regioni su vasti territori è vietata la pratica del fuoristrada tout curt, con l'unica esclusione delle moto da trial - ma solo per alcune ridottissime aree gestite da Amministrazioni particolarmente "illuminate" e sensibili - dopo che si è rilevato che i loro pneumatici incidono sul terreno meno di quanto non faccia uno scarpone da montagna...!

Per contro, si lascia che vengano realizzate opere ben più "pesanti" e di dubbia utilità in contesti difficili come quelli in zone disastrate a causa di smottamenti o terremoti: è quasi prassi consolidata che dopo un evento disastroso la prima (ri)costruzione eseguita con fondi pubblici riguarda grosse palestre, campi di calcio o altri luoghi di svago utilissimi per far dimenticare alla popolazione di aver perso la propria casa e vedere i soldi destinati alla ricostruzione impiegati per scopi meno che secondari. Frequente in queste occasioni anche la costruzione di strade lisce come biliardi e larghe come le piazzette di un borgo medievale che portano... al nulla nel bel mezzo di una campagna solo non proprio ad un nulla nulla ma ad un nulla che appartiene a qualcuno che ha in mente una bella speculazione edilizia....

Eccoci al punto: l'importanza della costruzione delle strade, che hanno distinto e fatto grande l'Impero Romano, deve esserci rimasta del sangue anche dopo la caduta dell'impero, visto che ormai nel nostro territorio la natura è integra solo in piccola parte mentre per il resto è frammentata in innumerevoli piccoli tasselli delimitati e contornati da strade asfaltate. Le strade asfaltate, a differenza sostanziale di quelle carrerecce, bisognano di un adattamento del territorio sostanziale ed importante, con SBANCAMENTI geometrici ed accurati, consolidamenti, preparazione del fondo, DRENAGGI, muretti, innumerevoli ponti (qualcuno però se lo scordano sempre, perché i ponti costano e rallentano la costruzione), asfaltatura e segnaletica, sia orizzontale che verticale (un bell'indotto, non c'è che dire...).

Insomma è difficile immaginare un'opera dell'Uomo che abbia un impatto ambientale minore di quello provocato da una strada asfaltata! Perché le strade asfaltate (importanti) non possono neanche permettersi pendenze eccessive e ghirigori tra le vallate quando è tanto "semplice" perforare una montagna tirando una bella linea dritta sulla carta della zona. Le strade asfaltate sono l'Opera pubblica per eccellenza, quella che rende il Paese moderno e lo distingue da quelli "arretrati" come quelli africani.

In un'epoca in cui almeno ad una ristretta elite sono noti i segreti dell'antigravità (o di sicuro almeno i primi rudimenti) si pensa ancora a costruire strade asfaltate belle lisce e livellate per permettere al bullo di paese figlio di papà di acquistare la terza auto di famiglia e poi montarci subito un kit di ribassamento estremo Fast&Furious Style molto adatto alla pista ma ben poco adatto ai lastricati millenari che comunemente ancora pavimentano (almeno) il centro storico delle nostre città medievali.

Insomma siamo arrivati al sunto del discorso, ed è un punto di vista che mi meraviglio non sia mai stato posto in evidenza da nessuno, neanche da appassionati che scrivono su media dei settori motoristici del fuoristrada: c'è veramente così tanto bisogno di FRAMMENTARE E DEVASTARE il territorio per costruire (ancora) strade asfaltate solo per abbreviare i tempi di percorrenza tra un posto e l'altro o per permettere a chi ha deciso di vivere immerso nella natura di portarsi però dietro tutte le comodità dell'urbanizzazione?

Ogni nuova strada "diretta" ed asfaltata costituisce una ferita insanabile sul territorio, una frammentazione degli ecosistemi che attraversa e divide in maniera insanabile, un'occasione di MORTE per le creature del bosco abituate ad attraversare la zona ed un rischio per i motociclisti, una deviazione del regime idrico i cui effetti sono spesso imprevedibili sia come probabile dissesto sia come possibile modificazione dell'habitat floreale (e quindi faunistico).

E qui tornano utili i SUV, al secolo "Sport Utility Vehicle" o "Veicoli SubUrbani" ovvero quei veicoli a 4 ruote che permettono un fuoristrada moderato senza rinunciare alla comodità di una normale auto e quindi di spostarsi agevolmente su strade anche NON asfaltate. Peccato che la stragrande maggioranza di questi veicoli tuttofare vengano acquistati, senza alcuna logica, per un utilizzo prevalentemente urbano ed autostradale (sotto questo aspetto sarei anche d'accordo con la linea intransigente del "Via i SUV dal centro!" adottata da alcuni Enti locali).Ma ancor di più di un SUV, un sano, meno costoso e più affidabile 4x4 duro e puro che al costo di una vita un po' meno comoda potrebbe in linea teorica anche fare a meno di vere strade accontentandosi di un tratturo o di un trasferimento "dritto per dritto" quando il territorio lo consente.
Da notare che nei Paesi anglosassoni - dov'è nata - la classificazione "SUV" include le auto da fuoristrada puro.

Ma perché dobbiamo continuare a modificare il territorio che ci circonda? Non stiamo già abbastanza comodi?
Io ritengo che al giorno d'oggi lo sviluppo stradale di cui dispone il Paese sia più che sufficiente adoperando certo la dovuta cura manutentiva ed in qualche caso ampliamento ed adeguamento delle principali arterie ma di fare nuove strade tranne che in casi particolari proprio non se ne sente la necessità.
Vuol dire che se proprio sentiamo il bisogno di raggiungere una meta impervia o lo facciamo a piedi dedicando all'uscita un po' di tempo in più, ripagato dal piacere che può offirre una passeggiata nella natura, oppure lo facciamo a bordo di un ECO-LOGICO veicolo da fuoristrada puro meglio ancora, se non abbiamo nulla d'ingombrante da trasportare, che abbia due sole ruote!!