sabato 14 novembre 2009

Per fortuna c'è la crisi!

I media (ufficiali) hanno il potere di creare la realtà, almeno quella in cui credono gli spettatori passivi ed acritici che poi sono la stragrande maggioranza della popolazione.
Questi surrogati di realtà sono concepiti ad arte per mungere e spingere il gregge dell'utenza dentro un recinto sempre più angusto fatto di regole severe e scelte forzate che non prevedono né consentono ripensamenti. Succede così per tutte le grandi manifestazioni epocali ed anche per le piccole cose.

Un recente esempio di montatura mediatica è quello eclatante della presunta quanto inesistente pandemia influenzale che avrebbe dovuto spingere la maggioranza della popolazione ad implorare un vaccino più pericoloso che inutile. Fortunatamente pare che solo il 3% della popolazione abbia deciso di farsi intossicare volontariamente con questo preparato di cui, conoscendo i componenti adiuvanti, si conoscono solo i potenziali effetti negativi e che di certo non garantisce l'immunità dall'influenza A/H1N1.
Cosa ci proporranno adesso per l'influenza stagionale, che è 10 volte più aggressiva della suina?!?
L'insuccesso di questa campagna di vaccinazioni conforta ma sembra anche un po' strano considerando i potenti mezzi dispiegati: non si sa se rallegrarsene come se fosse una vittoria per i cittadini e la loro salute o se preoccuparsi ipotizzando che si sia trattata solo di una manovra di sondaggio della coscienza e della reazione popolare.

Stessa cosa per quanto riguarda "la crisi" (sempre la stessa - artificiosa - e sempre tra virgolette) che periodicamente attanaglia i mercati di tutto il pianeta (ma dove sono finite le crisi interne? possibile che non esista più crisi che non sia planetaria?) o forse più che attanagliarli ne sconvolge gli equilibri in modo che pochi potenti immuni alle crisi possano approfittarne, risultando a fine crisi ancor più potenti.
Infatti, come tutte le crisi precedenti anche questa sta volgendo - purtroppo - al termine "grazie" agli interventi sinergici di illuminati economisti in tutto il globo o, più semplicemente, grazie alla fisiologica elasticità del mercato... .
E dico "purtroppo" perché sostengo la necessità della riduzione del PIL che, come diceva Robert Kennedy nel famoso discorso pronunciato tre mesi prima di essere ammazzato (guarda un po'!), può dirci quanti soldi ci girano intorno ma non può certo quantificarci il livello del nostro benessere e men che meno darci una misura del nostro progresso nel sociale; e parlo di progresso vero, non tecnologico.
Questa crisi, come qualunque altra, avrebbe potuto rappresentare una buona occasione per rivedere i nostri concetti di crescita a tutti i costi a favore di una decrescita felice e consapevole, guidata intelligentemente verso un reale e più diffuso benessere globale.
Ma abbiamo perso anche questa occasione perché già si parla di ripresa; del resto i media devono pur parlare di qualcosa di buono ogni tanto, soprattutto con l'avvicinarsi della fine dell'anno e quindi della festa del consumismo... pardon delle festività natalizie e di fine anno.

Comunque, se l'ultima crisi è stato uno spunto di riflessione che ha spinto qualcuno a fare meno acquisti a rate e dissuaso qualcun'altro a cambiare la sua buona ed affidabile vettura con un'altra nuova, può anche darsi che abbia sortito qualche effetto positivo.
Trovandomi a discutere spesso con appassionati di auto e moto (lo sono stato anch'io in passato ma adesso mi sono ravveduto) incontro sempre una grossa difficoltà a far loro capire che se si sospendesse stasera stessa la produzione di auto e moto nuove per 10 anni, la mobilità e la qualità della vita su tutto il pianeta non ne risentirebbero più di tanto, anzi per nulla.
E' un'utopia, non c'è dubbio, perché non basterebbe un ravvedimento delle classi dirigenti (intendo dire proprio le classi dirigenti, cioè bancari, petrolieri e produttori di veicoli, non mi riferisco ai politici loro dipendenti) per sospendere la produzione senza causare una reazione a catena che porterebbe in tempi brevissimi ad una catastrofe economica non essendo pronto un Sistema alternativo a quello esistente.
L'unica possibilità sarebbe quella di uno sciopero a tempo indeterminato dei consumatori preceduto da un auto-licenziamento di massa dei dipendenti di tali industrie che dovrebbero però già sapere come procacciarsi da vivere in maniera alternativa prima di licenziarsi...!
In pratica una cosa infattibile.

Però, una bella crisi ogni tanto può essere utile quanto meno a rallentare la caduta nel baratro sul cui fondo ci aspetta inesorabile la totale saturazione del mercato ed il crollo della domanda - anche per mancanza di contante - frutti inevitabili
del Signoraggio Bancario e di un sistema capitalistico puro.
Si tratta di matematica, non di opinioni politiche.

Discorso di Robert Kennedy pronunciato il 18 marzo 1968, Università del Kansas:



"Non troveremo mai un fine per la nazione né una nostra personale soddisfazione nel mero perseguimento del benessere economico, nell’ammassare senza fine beni terreni.
Non possiamo misurare lo spirito nazionale sulla base dell’indice Dow-Jones, né i successi del paese sulla base del prodotto nazionale lordo (PIL).
Il PIL comprende anche l’inquinamento dell’aria e la pubblicità delle sigarette, e le ambulanze per sgombrare le nostre autostrade dalle carneficine dei fine-settimana.
Il PIL mette nel conto le serrature speciali per le nostre porte di casa, e le prigioni per coloro che cercano di forzarle. Comprende programmi televisivi che valorizzano la violenza per vendere prodotti violenti ai nostri bambini. Cresce con la produzione di napalm, missili e testate nucleari, comprende anche la ricerca per migliorare la disseminazione della peste bubbonica, si accresce con gli equipaggiamenti che la polizia usa per sedare le rivolte, e non fa che aumentare quando sulle loro ceneri si ricostruiscono i bassifondi popolari.
Il PIL non tiene conto della salute delle nostre famiglie, della qualità della loro educazione o della gioia dei loro momenti di svago. Non comprende la bellezza della nostra poesia o la solidità dei valori familiari, l’intelligenza del nostro dibattere o l’onestà dei nostri pubblici dipendenti.
Non tiene conto né della giustizia nei nostri tribunali, né dell’equità nei rapporti fra di noi. Il Pil non misura né la nostra arguzia né il nostro coraggio, né la nostra saggezza né la nostra conoscenza, né la nostra compassione né la devozione al nostro paese.
Misura tutto, in breve, eccetto ciò che rende la vita veramente degna di essere vissuta. Può dirci tutto sull’America, ma non se possiamo essere orgogliosi di essere Americani."
[Robert Kennedy]