Sono fuori dall'ambiente delle corse da 14 anni ma non posso che esultare a vedere Dovizioso nuovamente in testa la mondiale con la sua Ducati.
Mancano sei gare alla conclusione del mondiale e non ci si può illudere che il binomio italiano riesca costantemente a raccogliere risultati migliori dell'accoppiata Honda-Marquez ma il fatto che il motore di quest'ultima sia "esploso" a sette giri dal termine quando era terzo e minacciava i primi,
dà un'idea di quanto la Casa di Hamamatsu abbia dovuto spremere il suo motore per colmare il divario prestazionale con la Ducati.
dà un'idea di quanto la Casa di Hamamatsu abbia dovuto spremere il suo motore per colmare il divario prestazionale con la Ducati.
C'è poco da fare: i pochi ma qualificati ed estrosi tecnici bolognesi sono capaci di dar pesante filo da torcere alla più grande Casa del mondo che nelle corse investe cifre impensabili per qualunque altro concorrente, dispone di un circuito da GP privato (Suzuka) ed al solo reparto corse impiega circa 200 ingegneri.
E' quasi incredibile che la relativamente piccola azienda italiana riesca a contrastare un simile schieramento di forze. La stessa considerazione potrebbe essere espresa nei confronti dell'Aprilia, impegnata anch'essa sia nel motomondiale che nella superbike con risultati attualmente alterni ma con un invidiabile messe di successi nella sua storia di "piccola" Casa italiana.
Da quando cominciai a gareggiare, cominciai parallelamente a ridimensionare le figure dei miei piloti di riferimento che all'epoca potevano essere, del recente passato, il mitico Mike Hailwood ed i miei più o meno contemporanei Kenny Roberts, Virginio Ferrari, Barry Sheene, Wayne Rainey, Eddie Lawson ed altri fuoriclasse che sono venuti dopo come Loris Capirossi.
Essendo di formazione tecnica, ci misi poco a capire che quelli motoristici sono sport impuri in cui la prestazione del pilota è solo una delle componenti del successo. Certo, è fondamentale la determinazione del pilota di voler primeggiare e continuare a farlo anche dopo aver raccolto il primo risultato: solo così può essere spiegata la continuità di successi da parte di supercampioni come Giacomo Agostini, il compianto Angel Nieto e Valentino Rossi.
Essendo di formazione tecnica, ci misi poco a capire che quelli motoristici sono sport impuri in cui la prestazione del pilota è solo una delle componenti del successo. Certo, è fondamentale la determinazione del pilota di voler primeggiare e continuare a farlo anche dopo aver raccolto il primo risultato: solo così può essere spiegata la continuità di successi da parte di supercampioni come Giacomo Agostini, il compianto Angel Nieto e Valentino Rossi.
Tuttavia, riferendomi soprattutto alla carriera dei due campioni italiani sopra citati, oltre ovviamente alle capacità di guida, riveste la stessa importanza trovarsi sempre in una squadra capace di mettere a disposizione e curare al meglio un mezzo vincente. Questa condizione ha contraddistinto in particolar modo la carriera di Agostini ed ancor più quella di Rossi che - a quanto mi risulta - ha corso il mondiale sempre con una moto ed una squadra estremamente competitiva salvo l'eccezione che conferma la regola di quando approdò in Ducati ottenendo, significativamente, risultati deludenti.
Ma, con tutto l'apprezzamento per un campione come Valentino Rossi, di piloti come Stoner e Capirossi non è proprio pieno il mondo, e almeno allora con i telai d'acciaio tralicciato, la Ducati non era una moto per tutti. Lo stesso eccellentissimo Jorge Lorenzo sta figurando bene al suo primo anno in Ducati ma è ancora ben lontano dal cogliere i risultati di cui è capace il suo compagno forlivese e, tornando un attimo ad Agostini, va detto che 7 o 8 mondiali li vinse da unico pilota ufficiale delle classi in cui vinse!
Ducati motoGP 2017 |
La consapevolezza maturata dopo il riscontro oggettivo che il mezzo meccanico possa contare più dello stesso pilota, ha determinato in me la smitizzazione dei grandi campioni che tali non sarebbero potuti MAI essere se non grazie ad un mezzo in grado di materializzare in termini di secondi al giro le loro capacità di guida. E' pur vero che la leggenda vuole che l'inarrivabile Mike-the-Bike riuscisse a vincere anche con moto raffazzonate ma erano altri tempi e soprattutto altre piste - spesso tracciati stradali - estremamente pericolose in cui la componente umana rivestiva maggior importanza rispetto ad oggi.
Quindi, il mio tifo si esprime maggiormente nei confronti del reparto corse delle Case costruttrici più che per i singoli piloti, ricordando anche che le Case sono in grado di trascendere la durata di vita sia sportiva che umana di qualsiasi pilota.
Parafrasando l'esternazione di Hitchcock sugli attori, si può dire che i piloti sono solo "carne da macello", ovviamente in senso lato... .
Le Case, ancora, risultano umanamente più affascinanti dei singoli piloti perché sono espressione del lavoro di un gruppo umano orientato verso un progetto comune, ed inoltre incarnano maggiormente l'orgoglio di uno spirito nazionale di cui l'Italia ha estremo bisogno, poco importa se il capitale sociale della Ducati è controllato dalla BMW, una volta la Ducati era un'azienda di Stato, incarnava uno spirito sportivo tipicamente italiano ed i vecchi tifosi se lo ricordano bene.