Un errore ricorrente nei dibattiti tra incompetenti in materia è discutere sugli effetti senza avvedersi delle cause.
Così, e l'ho sottolineato più volte in questo blog, si cercano soluzioni o palliativi ai problemi generati dal traffico veicolare ricorrendo a divieti oppure a limitazioni d'uso.
E' chiaro invece che il traffico è la risposta ad una domanda di mobilità e se quest'ultima crea problemi sociali, limitarla per decreti nella sua dimensione
spazio-temporale, non può che peggiorare la situazione.
spazio-temporale, non può che peggiorare la situazione.
I parametri che incidono maggiormente sull'eccesso di densità circolatoria, in una data zona, in un dato momento, consistono nella simultaneità e nell'inevitabilità di dover raggiungere un numero limitato di destinazioni da parte di un gran numero di individui.
In altre parole, un'alta densità circolatoria è provocata dalla sincronizzazione degli orari lavorativi e dall'accentramento in grossi plessi delle attività produttive o di altro interesse. E questo vale ovviamente anche per i trasporti pubblici non necessariamente su ruote.
Dipanando il concetto, possiamo affermare che a monte di tutto ci sono due triste fenomeni: il pendolarismo e l'accentramento dei plessi: due vere piaghe sociali di cui solo pochi paiono avvedersi.
Il pendolarismo non è del tutto inevitabile e, soprattutto, potrebbe essere facilmente ridimensionato nei tempi e nelle percorrenze, adottando o meglio imponendo dei semplici incentivi/dissuasori consistenti in addizionali fiscali che dovrebbero gravare su paghe e contributi in proporzione alla distanza da percorrere ogni giorno dal luogo di residenza al posto di lavoro. Questa specifica dovrebbe condizionare pesantemente i criteri d'assunzione e costituirne il principale parametro di punteggio, in modo da favore innanzitutto le assunzioni di personale residente in zone limitrofe ai posti di lavoro. In Giappone, un Paese altamente industrializzato e con circa il doppio della nostra già alta densità di popolazione, i plessi industriali più grandi costituiscono delle città comprensive di tutti i servizi. Per fare un esempio, nel territorio di Akashi occupato dalla Kawasaki Heavy Industries (un vero colosso industriale altamente diversificato in produzione in cui si arrivano a costruire perfino intere petroliere) i lavoratori hanno a disposizione non solo case in cui vivere ma trasporti pubblici gratuiti, centri commerciali, ospedali, scuole e perfino università! Con questo metodo, appare chiaro che ad ogni cambio di turno di lavoro, il traffico - per lo più pubblico - si svolgerà su percorsi estremamente brevi e localizzati col minimo impatto sociale possibile.
L'accentramento dei servizi è uno dei mali del capitalismo ultraliberista che, nell'unica ottica del profitto che può aumentare anche a causa della riduzione delle spese, trova maggior convenienza ad accentrare più sedi produttive in un unico plesso di grandi dimensioni, senza preoccuparsi dell'incremento di flusso veicolare che questa scelta comporta. A questo dovrebbe provvedere uno Stato quale emanazione dei suoi cittadini invece che di lobby industriali.
Lo stesso discorso è estensibile agli uffici pubblici che invece di frazionare e rendere disponibili in ogni quartiere, si preferisce chiudere quelli periferici ed accorparli tutti in mega-plessi. Scelta che se può comportare una riduzione delle spese di gestione da parte dello Stato, per contro causa una riduzione dei posti di lavoro e l'aumento del traffico che è e rappresenta sempre un costo - oltre che un disagio - per la comunità.
E' anche un controsenso tendere ad accentrare dei servizi pubblici e burocratici che, grazie all'informatica potrebbero essere resi disponibili in postazioni i quartiere quando non addirittura presso i terminali privati di casa! Posta e altri generi di servizi pubblici potrebbero benissimo non aver più bisogno di disporre di uno spazio fisico presso il quale recarsi ma essere pienamente fruibili in rete.
A queste considerazioni andrebbe aggiunto il dato che vede il nostro Paese popolato in misura superiore ai servizi disponibili: basta osservare la facile saturazione di servizi come quelli ospedalieri, idrici e circolatori per rendersene conto: attese assurde e disagi per sovraffollamento per i servizi sanitari, carenze distributive dell'acqua, traffico intenso fino agli ingorghi che ormai sono la norma in periodi di esodo o nelle ore di punta.
Questo non è progresso, avrebbe detto Tesla, ma perversione.
Dobbiamo anche considerare che, arrotondando le cifre per eseguire un calcolo esemplificativo, abitiamo in un Paese in cui ci sono circa 60 milioni di abitanti e solo 300.000 Km quadrati di territorio. Dividendo semplicemente la superficie per il numero di abitanti, ci accorgiamo che in teoria disponiamo solo di 5.000mq a testa che possiamo visualizzare in un quadrato di poco più di 70m di lato. Il sovraffollamento delle città compensa la visione libera che possiamo avere di aree disabitate. Ma se teniamo conto che una gran parte del territorio non è effettivamente vivibile in quanto costituito da zone scoscese, fittamente boscose, paludose, ricoperte da strade, agglomerati urbani, zone militari o di servizi civili inaccessibili come aree aeroportuali e centrali energetiche, possiamo anche, credibilmente, ridurre della metà il territorio che abbiamo a disposizione per vivere, riducendo le dimensioni del nostro quadrato a 50m x 50. Non un gran che se, ragionando per estremi, pensiamo che ogni cittadino australiano può contare su di uno spazio virtuale a sua disposizione di circa 300.000mq ovvero di un quadrato di quasi 550m di lato! Non parliamo poi dell'Alaska in cui ci sono oltre 400.000metri a cittadino, un quadrato di quasi 650m di lato: poco stress per il traffico, in Alaska... .
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