domenica 6 maggio 2012

La sicurezza stradale si ottiene (anche) riducendo il PIL

Poco tempo fa ho pubblicato, per il sito heymotard.it, una pagina in cui ho inserito le foto delle principali moto utilizzate dal gruppo di motociclisti di cui facevo parte nei mitici (per i motociclisti e non solo) anni '70; di spalla ho inserito delle considerazioni sul cambiamento dei tempi e sul fatto che la maggior parte delle "imprese" motoristiche compiute in quegli anni sarebbero oggi improponibili oltre che parecchio rischiose.
Ma perché, se le strade e gli stessi veicoli sono più sicuri di quarant'anni fa?
L'articolo che segue è stato già pubblicato sul sito gemello heymotard.it
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Il problema è il traffico, aumentato in maniera esponenziale e non solo in rapporto diretto all'aumentare della popolazione.
Andare fuori strada per conto proprio o sbattere contro un oggetto fisso è un'evenienza piuttosto difficile da verificarsi in una strada deserta, per quanto infida e sconnessa possa essere, se a guidare è una persona dotata di sufficienti capacità di guida e senso della misura.
Ma col traffico tutto cambia, non è più sufficiente l'autocontrollo e... l'autodeterminazione per evitare incidenti ma diventa necessario tener costantemente conto delle azioni del prossimo fino addirittura a prevederle!
In moto, veicolo che non dà la falsa sicurezza conferita da un'auto, s'impara subito a "prevedere il futuro" intuendo in anticipo un comportamento a rischio di un veicolo che ci segue, ci precede, sopraggiunge in senso contrario, sta per attraversarci la strada o sta semplicemente fermo (fino a prova contraria...).
Ad esempio, la cosa più normale per un motociclista esperto e previdente è tener d'occhio la ruota anteriore del veicolo che si sta sorpassando per anticiparne eventualmente un'imprevedibile sterzata a sinistra. Superando veicoli a tre ruote come l'Ape, questo diventa già più difficile. Infatti l'Ape rappresenta una vera minaccia per i motociclisti, sia per la difficile visibilità della ruota sterzante, sia per la rapidità da record tra tutti i veicoli con cui tali mezzi riescono a cambiare direzione.
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Ma, a parte la prudenza ed i comportamenti a rischio, ci sono due fattori fondamentali che stanno alla base della sicurezza nel traffico:
  • la differenza di velocità tra i veicoli che percorrono la stessa carreggiata
  • la densità veicolare
Che la differenza di velocità sia un importante fattore di rischio, è perfettamente noto negli Stati Uniti che, pur avendo una cognizione del traffico quasi esclusivamente urbana, sono ben coscienti che in un intenso flusso veicolare è bene che TUTTI i veicoli procedano quanto più possibile alla stessa velocità. Infatti negli States multano anche chi va troppo piano ed è (realmente, non come in Italia) proibito alle moto di risalire le code: quest'ultima sembra un'esagerazione ma non lo è affatto se si pensa alla disinvoltura con la quale certe persone per scendere dall'auto aprono lo sportello all'improvviso senza curarsi di guardare prima se sopraggiunge qualcuno; e questi comportamenti sono frequentissimi nella vita convulsa delle città.

C'è da dire che se nelle nostre città più trafficate s'impedisse realmente ai veicoli a due ruote di risalire una coda o di sorpassare DOVUNQUE rimanendo più o meno in corsia, l'utilizzo di tali veicoli ai fini di ridurre i tempi di percorrenza diverrebbe a quel punto inutile: meglio allora viaggiare in maggior sicurezza e comfort in auto, con stereo e climatizzazione accesi. Ciò si rifletterebbe in maniera estremamente negativa sul traffico stesso e sulla sua scorrevolezza; una dimostrazione di quello che potrebbe accadere in una città come Roma facendo semplicemente rispettare il Codice della Strada si è potuta osservare pochi anni fa quando un gruppo coordinato di motociclisti, esasperati dalle multe che ricevevano quasi quotidianamente per "eccesso di velocità" percorrendo tragitti casa-ufficio, mise in pratica una singolare protesta: un gruppo compatto di un centinaio di moto attraversò la città rispettando in maniera assoluta i limiti di velocità imposti. Il risultato fu la paralisi del settore urbano che attraversavano.
Questa esperienza dimostra che siamo ben lontani dall'aver compreso il modo di gestire il traffico: i limiti di velocità, ad esempio, così come sono concepiti svolgono egregiamente solo due funzioni, quella di tutelare il gestore delle strade da responsabilità dovute al loro stato di manutenzione (imponendo limiti bassi, qualunque incidente avvenuto a velocità superiori è per definizione colpa del conducente) e quella di costituire una costante fonte di finanziamento per le casse dei Comuni.
C'è anche da notare che i limiti di velocità vengono fatti rispettare dalle Forze dell'Ordine ma vengono apposti da enti che spesso non hanno alcuna competenza in materia circolatoria.
Un'ultima considerazione: qualunque utente abituale della strada sa bene che anche in una situazione in cui il traffico scorre regolare ma intenso, è sufficiente un minimo intoppo per trasformare una situazione ordinaria e controllata in un caos totale: un mini-tamponamento senza conseguenze per le persone è sufficiente a paralizzare per chilometri a monte dell'incidente, un'arteria intensamente trafficata.
La densità di circolazione è determinata dal rapporto tra la capacità di "drenaggio" del sistema viario (considerando il numero di corsie per ogni senso di marcia, la loro larghezza, la conformazione del tracciato, la presenza ed il numero di deviazioni e di incroci, ecc.) ed il numero di veicoli in transito orario, considerate anche le loro dimensioni.
E' chiaro che in un territorio morfologicamente tormentato e densamente abitato come il nostro (e la Campania sotto questo aspetto "eccelle"), intervenire sulla scorrevolezza delle strade è molto difficile oltreché costoso.
Rimane il problema del numero di veicoli in transito...
Ma qualcuno si chiede mai 'ndo va tutta 'sta ggente, per dirla alla romana?
Dove, e soprattutto PERCHE' nella (non) vita che ci siamo... anzi che ci hanno costruito, abbiamo l'esigenza di spostarci continuamente?
Sinteticamente, le principali motivazioni che stanno alla base del traffico veicolare e di persone:
  • La distanza tra residenza e posto di lavoro, o scuola per gli studenti, e la stessa necessità di doversi spostare per lavorare o per seguire lezioni;
  • La distanza tra residenza e zone di reperimento (acquisto) delle necessità quotidiane e la stessa necessità di doversi spostare per trovare quello che ci serve quotidianamente o quasi;
  • La costante ed assurda richiesta di acqua imbottigliata, bevande, alimenti e merci varie (di cui gran parte inutili) provenienti da zone lontane centinaia di chilometri se non, in molti casi, addirittura da altri continenti!
  • La distanza e la stessa necessità di doversi spostare per doversi curare, ed in questo caso dovremmo guardare alla malattia come un effetto dovuto al nostro cattivo stile di vita e non tanto una causa che motiva la necessità di doversi spostare.

Ho volutamente escluso il traffico di ordine voluttuario perché a mio giudizio è l'unico traffico sul quale non è lecito intervenire: ognuno dev'essere libero di poter andare dove gli pare quando gli pare.

Il pendolarismo è uno dei principali mali del secolo: fonte di stress, di cattiva qualità della vita e di enormi costi per la collettività. Lavorare per cancellarlo dalla faccia della Terra è uno degli obiettivi primari per riportare le Cose al loro ordine naturale. Non è possibile pensare ad un sistema di vita che prevede la necessità di dover passare una considerevole parte della giornata a compiere inutili spostamenti che sottraggono tempo sia alla propria vita, sia alla capacità produttiva di ognuno. E' ridicolo, assurdo, inconcepibile, è necessario ingegnarsi per far tendere a zero questa necessità.

Il radicamento al territorio di ognuno di noi è una delle componenti negative: questo dipende sia dalla sfera affettiva dalla quale ci allontaniamo con riluttanza, sia dal fatto che in Italia, almeno per il momento, oltre l'80% della popolazione è proprietaria, per via diretta o parentale, della casa dove abita ed un certo attaccamento alla proprietà di famiglia è lecito e comprensibile.
Negli States ad esempio non è così e, sia per la loro pragmaticità data dalla loro "freddezza", sia per la vivacità del mercato: per gli statunitensi è assolutamente normale vender casa e trasferirsi se si presentano buone opportunità lontano da dove si risiede.
In Giappone - un altro Paese lontano anni luce dal nostro modo di concepire la vita - i grossi centri industriali comprendono e dispongono di tutti gli indotti necessari per la residenza del personale dirigente o impiegato, in modo da evitar loro il pendolarismo, che comunque rimane estremamente intenso nelle grandi città.
Così ad esempio la Kawasaki di Akashi, nel territorio limitrofo ai suoi enormi impianti industriali (dove costruiscono di tutto, dalle moto alle petroliere passando per il settore utilitaristico ed aeronautico) mette a disposizione alloggi, centri di ritrovo, negozi, servizi vari, ristoranti, scuole, centri medici e perfino un ospedale: in pratica, i lavoratori-abitanti del territorio, si allontanano solo per esigenze voluttuarie, per divertimento e senza stress da pendolarismo.
Non si vede perché soluzioni come queste non siano applicabili, se pur molto gradualmente, anche nel nostro Paese.
Il frazionamento dei servizi. Costruire grossi centri esclusivamente burocratici, residenziali, lavorativi, commerciali o ludici sortisce l'effetto di creare traffico dal nulla: molto meglio a quel punto FRAZIONARE tutti questi servizi ad aggregarli in gruppi completi ed autosufficienti.
Si eliminerebbero così i quartieri-dormitorio di ispirazione tristemente sovietica, il presupposti stessi del pendolarismo, la necessità di dover attraversare la città o addirittura la regione per ottenere un documento.

Le assunzioni dovrebbero avvenire tenendo conto, come parametro imprescindibile per legge, della distanza tra residenza e posto di lavoro, fino ad applicare una penale chilometrica - e non certo un rimborso - sia al datore di lavoro che al dipendente: questa penale potrebbe andare a costituire un fondo statale dedicato alla manutenzione delle strade. I lavoratori, a parità di qualifica richiesta, più vicini al posto offerto dovrebbero quindi vedere il proprio "punteggio" aumentare rispetto a quelli più lontani.

La richiesta di merci provenienti da lontano andrebbe dissuasa allo stesso modo, con l'applicazione di una penale chilometrica a beneficio dello Stato. In questo ambito, visto che il nostro Paese è ricco di acqua potabile - e quando manca, vuol dire che qualcuno se ne è appropriato indebitamente - l'acquisto di acqua imbottigliata proveniente da lontano andrebbe tassato in maniera drastica: se proprio uno vuole bere, contro ogni logica e razionalità, in Sicilia l'acqua imbottigliata sulle Alpi invece di aprire semplicemente il rubinetto di casa bevendo acqua ugualmente potabile che per di più paga dalle 250 alle 500 volte di meno, almeno paghi un Euro in più al litro che vada a coprire il costo sociale ed ambientale della sua scelta. Ed è giusto che sia così, per dissuadere e debellare un comportamento idiota e autolesivo tipicamente italiota come quello di trasportare continuamente enormi quantità d'acqua imbottigliata su e giù per la nazione producendo traffico e costi sociali inaccettabili.
Disporre a casa di merci provenienti da lontano, magari da altre culture, sminuisce inoltre il piacere  di viaggiare e le motivazioni stesse del viaggio e spiana pericolosamente la strada alla globalizzazione rendendo il mondo sempre più simile in ogni punto ed orribilmente piatto dal punto di vista culturale.

I servizi on-line. Non si vede perché, almeno con le tecnologie attualmente a disposizione di tutti (per non parlare di quelle esclusivamente elitarie...), non sia possibile risolvere un problema o un'incombenza burocratica direttamente da casa: se esiste la posta certificata, il valore legale di una comunicazione e-mail e la possibilità di identificare con assoluta certezza chi è impegnato in un collegamento on-line, allora DEVE esistere la possibilità di evitare di recarsi personalmente in un ufficio comunale o statale.

Potenziare il settore comunicativo di un ufficio pubblico, creerebbe moltissimi posti di lavoro, finanziati direttamente dall'enorme risparmio di costi sociali dovuto alla diminuzione del traffico e del conseguente inquinamento (fino a che non riusciremo a spostarci senza inquinare: le tecnologie in merito non mancano, manca solo la voglia ed il coraggio di applicarle).

Successivamente a questa visione delle cose, potranno diventare realmente risolutive soluzioni applicate direttamente al traffico come ad esempio il potenziamento dei collegamenti marittimi che in un Paese "acquatico" come il nostro non sono mai stati sfruttati abbastanza se non dalla gestione borbonica del Regno delle Due Sicilie... .
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Correggere tutte queste scelte, avrebbe come risultato indotto una sana riduzione del Prodotto Interno Lordo, formato in gran parte da spese e produzioni inutili o dannose, con benefici effetti sulla stabilità monetaria, sui costi e sulla sicurezza sociale, sulla qualità della vita in generale. Anche il PIL, esattamente come il traffico, va considerato per quello che è: un effetto delle nostre scelte, non una causa e tanto meno un fine.
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