domenica 24 luglio 2016

Lei, la Mach III - Kawasaki 500 H1

Continuando a parlare delle moto che hanno caratterizzato gli anni '70, l'epoca motociclistica per eccellenza, è inevitabile soffermarsi un momento sulla Kawasaki 500 Mach III, nonostante abbiamo appena parlato delle sua derivata da 750cc.
Come accennato nell'articolo ad essa dedicato, quest'ultima va citata per il suo status di leader della propria categoria, esattamente come per le altre due moto precedentemente analizzate.
In base a tale presupposto, apparirebbe fuori luogo inserire in questa carrellata una versione che non è quella più grossa e potente della serie ma la Mach III, nonostante la denominazione aeronautica progressiva, era denominata anche H1, in qualità di capostipite della sua specie.
L'impatto col mercato fu talmente forte che nella memoria motociclistica collettiva, il suo ricordo offusca perfino quello dell'ancor più estrema 750cc di cui molti addirittura non si ricordano.
Infatti, sotto certi versi la H1 fu ancora più assurda della sua successiva maggiorazione, in quanto deliberatamente concepita - e non derivata da un prodotto preesistente - in modo tecnicamente sbagliato ma commercialmente geniale, secondo le direttive degli scaltri importatori americani che chiesero esplicitamente alla ditta giapponese di allestire una moto di determinate caratteristiche tecniche e prestazionali, molto propensa all'impennata e che fornisse, in definitiva, la sensazione di essere ancor più potente di quanto fosse in realtà
Kawasaki 500 H1 - 1969
La prima serie, immessa sul mercato nel 1969, non possedeva un'estetica da urlo a meno di non concentrarsi esclusivamente sul suo atipico motore. Inoltre, nell'ottica della sua filosofia demenziale, risultava scarsamente dotata sia quanto a freni che a sospensioni.
Tuttavia, questo modello subì una costante, anche se non rivoluzionaria, evoluzione estetico-funzionale nel corso di otto anni in altrettante diverse edizioni. Già nel 1970 infatti fu rimaneggiata esteticamente, nel 1971 fu dotata di un disco anteriore e altri interventi, tra cui un depotenziamento dai 60cv originali a "soli" 52, contribuirono a definire il modello finale del 1977 sopra illustrato che ricordiamo con maggior piacere per la sua estetica. .

Ancor più che per la versione da 750cc, elaborazioni della 500 si distinsero nelle competizioni, grazie anche ad una versione "R" ovvero Racing, appositamente allestita dalla Casa, ed al fatto che per la classe 500 erano previste, dal punto di vista sportivo, molte più manifestazioni e campionati che per la classe 750.

Probabilmente si trattò della prima moto sfacciatamente "non intelligente" ma proprio per questo di gran successo, come dimostra ancor oggi l'incredibile popolarità di una moto straordinaria ma che dovrebbe soddisfare un'utenza di nicchia: la superspecializzata BMW GS. Il grosso del mercato, infatti, non ha mai chiesto moto razionali e consone alle reali esigenze dell'utente, ed i principali costruttori, dopo ripetuti fallimenti commerciali, lo hanno capito molto bene.