martedì 6 settembre 2016

La piaga delle microcar


Pur essendo di recente diffusione, l'idea di proporre delle vetturette minimali è vecchia quasi quanto la storia dell'auto ma finora non aveva incontrato un grande interesse per due principali motivi.
Innanzitutto non se ne sentiva la necessità, in quanto la densità di popolazione ed il traffico veicolare non avevano ancora raggiunto livelli critici per le nostre città.
Secondariamente, il mondo in cui ogni cittadino sperava di migliorare costantemente il proprio stato di benessere materiale, almeno in Italia, è finito col colpo di Stato del '92, epoca dalla quale è cominciato un programma di riduzione forzata del potere d'acquisto a disposizione del cittadino medio.
Celebre la frase dell'ex presidente illegittimo della Camera Monti ai giornalisti americani: "Abbiamo dato una bella batosta alla domanda interna!"
pronunciata non senza un malcelato orgoglio da parte del criminale di Stato.

Perché definisco "una piaga" le microcar?
Non ce l'ho con il loro presupposto funzionale, quello di divincolarsi meglio nel traffico, ma con la loro utilità che nasce sia da un traffico veicolare che potrebbe essere in gran parte ridimensionato, sia dall'esigenza di ridurre le spese per dei cittadini medi che risultano essere sempre più poveri.

Sul traffico ho disquisito più volte in questa sede e sono sempre convinto che gran parte del traffico è dovuto a dei criteri erronei nelle assunzioni, nell'accentramento dei servizi, nell'eccessivo rilascio di licenze commerciali nei centri urbani, nell'individuazione delle aree preposte al commercio ed all'industria; tutte condizioni che possono essere riassunte in un unico concetto che è quello che vede maggiore utilità lavorare sui presupposti del traffico (ovvero sul perché gente e merci sono costrette a spostarsi su distanze eccessive) che sulla sua disciplina: introdurre divieti e limitazioni può mitigare o risolvere una situazione locale ma in grande scala non può che peggiorare la situazione generale.

Sull'impoverimento della classe media (proprio quella che incide più sulla motorizzazione privata) si potrebbero scrivere libri (come in effetti sono stati scritti) sulle motivazioni ed i presupposti economico-sociali che insistono a monte di questo fenomeno fortemente voluto dal Potere, allora non rimane che parlare delle condizioni particolari con le quali queste microcar, il simbolo del nostro impoverimento, operano sulle nostre strade.

Crash test frontale
Diciamo subito che si tratta di veicoli che offrono una limitatissima sicurezza passiva. Il fatto che vadano piano non significa che in uno scontro frontale la sommatoria di velocità tra i due veicoli non possa raggiungere facilmente valori mortali quanto a decelerazione. 

Inoltre, non risolvono sostanzialmente i problemi di flusso veicolare in quanto con le loro dimensioni occupano un'intera corsia esattamente come succede per auto, furgoni e veicoli ancora più grandi. Per cui, considerando che non possono trasportare più di due persone compreso il conducente, a parte la protettività dalle intemperie e la possibilità di trasportare un paio di borse grandi, non rappresentano un'alternativa valida alla moto e ancor meno allo scooter.
Però si parcheggiano meglio delle auto normali, e questo non è un vantaggio da poco. Il problema è che per un'assurdità legislativa basata su presupposti misteriosi ma sicuramente sbagliati, tali vetturette vengono equiparate a motocicli, status che permette il loro parcheggio in aree destinate alle moto sottraendo in un colpo solo due o tre posti moto.
La legge dovrebbe porre rimedio a questa assurdità ed i loro utenti dovrebbero capire che non è moralmente corretto approfittare dei parcheggi moto.
Da qualsiasi punto di vista le si voglia valutare, queste vetturette non possono essere assimilate ai veicoli a due ruote: non ne condividono la dinamica né le problematiche, né le attitudini circolatorie.
Non a caso vengono definite microcar, non minimoto!